(di Lorenza Formicola) Alessandro Iovino, evangelico di fede pentecostale, storico e divulgatore scientifico, per lavoro è spesso negli Stati Uniti. Esponente del mondo prolife e conoscitore del mondo americano, ci racconta a poche settimane dalla decima edizione della Marcia per la vita, l’esperienza statunitense e l’importanza di essere in piazza per la vita.
Lei recentemente ha dichiarato “l’aborto è la nuova forma di genocidio delle società avanzate del mondo occidentale”, può spiegarcelo meglio?
Non ci possono essere mezzi termini, nessuna mediazione, ed alcun tipo di eufemismo. Non si può sminuire una tragedia che ha investito il mondo occidentale in questo ultimi decenni. L’aborto è una forma di sterminio, un vero genocidio, l’anticamera di una pericolosa marcia verso l’autodistruzione di massa, perpetrata nei confronti di chi non può difendersi, ovvero di creature che per definizione universale, sono “pure ed innocenti”.
Perché parla di genocidio?
Siamo al cospetto di una devastazione in cui gli effetti sociali, spirituali e civili saranno irreversibili. Nel 2018 sono morte 8 milioni di persone per il cancro, 5 milioni per il fumo, 2 milioni per l’AIDS e 49 milioni per l’aborto. Dopo aver compiuto passi in avanti nel campo dei diritti umani, della tutela delle minoranze e della difesa della diversità sociale, religiosa, politica e razziale, nelle democrazie avanzate, in nome di un libertinaggio ideologico e di un relativismo autolesionista, abbiamo rinunciato a difendere il diritto alla nascita.
Dicono sia tutta una questione religiosa. Tutto dipende da che punto si guarda il mondo?
Vede, io non sono un teologo, e non sono esperto di filosofia. Non impronterò nessun discorso su quando inizia la vita. Ho la mia fede, la mia spiritualità e difendo i miei valori. Ma adesso tutto questo è diventato un discorso anche e soprattutto di buon senso, di responsabilità civile, oltre che religiosa. Le leggi abortiste sono un suicidio per la nostra società. Esperti di statistiche demografiche, per non parlare dei sociologi di ogni estrazione, ci suggeriscono che la crescita demografica è fondamentale per sperare in una ripresa economica e sociale delle nazioni occidentali. Si deve comprendere che la difesa della vita non è solo una scelta religiosa – per quanto sia essa fondamentale per tanti come me – ma una battaglia di civiltà, trasversale e senza confini: è anche una questione di sopravvivenza ormai.
Lo Stato di New York, dove sono in netta maggioranza i democratici, ha approvato una legge che stravolge i concetti di «omicidio» e «persona» e consente di abortire fino al nono mese di gravidanza, anche in assenza di un medico. A legge approvata si è sentita una voce gridare in aula: «Possa Dio avere pietà di questo Stato!». Lei che conosce così bene il mondo statunitense, che cosa ha pensato quando è stata approvata?
Nelle settimane che seguirono l’approvazione di questa legge mi trovavo negli USA. Ho assistito in diretta al SOTUS del 2018 del Presidente Trump (il discorso sullo “Stato dell’Unione” a Camere riunite che il presidente USA tiene ogni anno) in cui in modo categorico promise di fermare a livello federale questa legge assurda avanzata dal governatore Cuomo. Una legge davvero disumana oltre ogni limite.
Come si è arrivati a questo punto?
Nessuna ideologia umana può concepire l’idea di abortire fino al nono mese. La donna merita di essere tutelata e difesa, la sua salute mai deve essere compromessa, ma non si può pensare di abortire al nono mese di gravidanza! Da Times Square, cuore di New York, e quindi centro del mondo, realizzai in quei giorni un breve video. Pochi secondi per raccontare uno Stato che arriva a concepire una simile aberrazione e nel frattempo vede predicatori, nel bel mezzo della piazza, che annunciano il messaggio di Gesù. Fin quando ci sarà data questa possibilità, e non verrà negato anche questo diritto, ci sarà sempre qualcuno disposto a vigilare. Mi associo a ciò che disse quell’uomo in quell’aula: “Dio abbi pietà di questo Stato!”. Ed aggiungo: “… di tutti noi …”!
E come ha reagito la chiesa evangelica quando lo Stato del Vermont ha detto sì alla peggior legge sull’aborto della storia umana? [Che sia la legge peggiore lo dice la legge stessa: «Questo disegno di legge propone di riconoscere come diritto fondamentale la libertà di scelta riproduttiva e di vietare a qualsiasi entità pubblica di interferire o di limitare il diritto di un individuo a porre termine alla propria gravidanza».]
La chiesa evangelica negli USA è stata molto netta, ed unita. Siamo al cospetto di leggi assurde condannate all’unanimità da tutti i leader evangelici. Pensando allo stato di New York, al Vermont, mi viene da dire: “non c’è limite al peggio!”. E poi mi domando molto semplicemente e banalmente: se un donna è libera di poter abortire e si vuole difendere sempre la sua libertà, come la mettiamo con la libertà, anzi la non-libertà e la non-scelta di un neonato?
In tanti anni di viaggi verso gli USA ha notato la crescita e l’ingerenza nella vita politica del movimento prolife?
Sono spesso negli USA. E’ un paese che conosco discretamente. Ne seguo la politica e sto imparando a conoscerne i meccanismi. Sicuramente il movimento prolife sta avendo un grande impatto, mediatico e politico. Le posso dire questo: nel 2016, nello scontro epocale tra Hillary Clinton e Donald Trump è stato determinante. Ma lo sarà ancora di più alle presidenziali 2020: molti saranno i voti di coloro che sceglieranno di preferire un candidato piuttosto che un altro a seconda delle proprie posizioni sul tema dell’aborto.
Quanto è stata importante la presenza del presidente Trump, per la prima volta nella storia, alla marcia per la vita di Washington?
Un fatto storico, epocale! Non ci si deve meravigliare se, poi, la gran parte dell’elettorato evangelicale americano si è schierato in favore del presidente USA. Trump ha dato risposte concrete, ha scelto in modo netto in difesa della vita. La sua presenza, a questo evento, ha sancito un “patto di ferro” con quel tipo di elettorato.
Secondo lei quale impatto può avere una manifestazione pubblica come quella della marcia per la vita in un Paese come l’Italia?
Non ho dubbi che sarà una grande manifestazione di piazza. Ci sarà una grande partecipazione popolare, sarà una festa per la vita, perché nel nostro paese c’è una grande attenzione per questi temi, che, ripeto, non sono solo “religiosi”. Cosa che, invece, un certo tipo di stampa -predominante in Italia – non racconterà, ma offrirà una narrazione ipercritica della marcia per la vita. Eppure sono fiducioso: alla fine anche in Italia prevarrà il buon senso. Del resto, come si dice, “finché c’è vita, c’è speranza …”.